Torino – Ricercatori e precari in rivolta

“LA RIFORMA GELMINI NON CI DA’ FUTURO”

Ricercatori in rivolta: “Stiamo in laboratorio, basta insegnamento”

In 180 a Scienze: stop al volontariato in cattedra

 ANDREA ROSSI, La Stampa, 6 marzo 2010

TORINO

Adesso fanno sul serio. Altro che minaccia sbandierata per ottenere condizioni migliori o limitare un precariato fuori controllo. Stavolta non è una provocazione, ma una decisione già presa e messa nero su bianco in una facoltà dell’Università di Torino e che presto potrebbe dilagare in tutte le altre: i ricercatori non vogliono più insegnare. Basta corsi, basta didattica, basta esami. Dal prossimo anno, a Scienze, torneranno a occuparsi solo di quel che prevede la legge: fare ricerca e seguire la didattica complementare, ad esempio le esercitazioni.

«L’abbiamo deciso a malincuore», racconta Alessandro Ferretti, ricercatore al dipartimento di Fisica sperimentale. «Smetteremo di svolgere tutti quei compiti didattici a cui fino a oggi ci siamo dedicati con passione, su basi volontarie, e per il bene degli atenei e dei loro studenti. Da ottobre lavoreremo a tempo pieno al nostro compito istituzionale». Il motivo di questa rivolta è tutto racchiuso nel nuovo disegno di legge sull’Università. «Speriamo che la nostra protesta serva ad attirare l’attenzione sulle condizione disastrose che il ddl Gelmini produrrà dentro gli atenei, soprattutto sul fronte del personale», spiegano.

La riforma varata dal ministero, che presto passerà all’esame del Parlamento, per chi si occupa di ricerca contiene infatti una rivoluzione: introduce la figura del ricercatore a tempo determinato, con contratti di tre anni rinnovabili per altri tre, «con il risultato che alla fine ci si potrebbe trovare senza un concorso cui partecipare, obbligati a reinventarsi una professione fuori dall’Università a 40 anni. Inoltre, se anche il concorso fosse previsto, si scatenerebbe una “guerra tra poveri”: da una parte i ricercatori strutturati, che aspirano a un avanzamento di carriera; dall’altra quelli a tempo determinato, che rischiano di uscire dall’Università».

Un quadro che ha spinto i ricercatori di Scienze – sia gli strutturati che i precari – a mobilitarsi: l’anno prossimo niente didattica, con il rischio di paralizzare la facoltà e mettere a repentaglio lo svolgimento di tutti i corsi. Il consiglio di facoltà, qualche giorno fa, ha espresso solidarietà alla protesta, ma il preside Alberto Conte non nasconde la preoccupazione: «Una scelta di quel genere metterebbe in forte difficoltà l’organizzazione della didattica, forse addirittura pregiudicherebbe la messa a punto dei corsi di laurea». Non ha tutti i torti: nella facoltà di via Giuria i ricercatori sono 180, i docenti – tra associati e ordinari – circa 250, i precari della ricerca oltre 300. Facile immaginare quale sconquasso provocherebbe la ritirata dei 180 ricercatori, molti dei quali tengono interi corsi ed esaminano gli studenti. Senza contare l’esercito dei precari, i cui compiti di didattica sono però ridotti.

Il professor Conte non è l’unico preside a convivere con i grattacapi: dopo Scienze anche a Veterinaria, Agraria, Economia e Scienze politiche la protesta sta crescendo. Si potrebbe arrivare a un epilogo simile, anche perché non sembrano intenzionati a mollare: «La mole di lavoro svolta finora non è stata premiata. Anzi, si prospetta un rapido e progressivo deterioramento delle nostre condizioni, un’ulteriore estensione del precariato pre-ruolo che non ha confronti in nessun altro settore lavorativo legale, il confinamento degli attuali ricercatori in un ruolo a esaurimento, senza speranza. Ed è inaccettabile».

22 Responses to Torino – Ricercatori e precari in rivolta

  1. ario ha detto:

    http://www.repubblica.it/scuola/2010/03/21/news/universit_cattedre_vuote_lo_sciopero_dei_ricercatori-2798883/

    La protesta contro il disegno di legge Gelmini di riforma degli atenei “Dal prossimo anno non insegneremo più, ci dedicheremo solo alla ricerca”
    Università, cattedre vuote lo sciopero dei ricercatori

  2. PoliTo ha detto:

    Il documento dell’assemblea del 18 febbraio 2010. Università di Torino: i ricercatori di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali rinunciano all’attività didattica frontale
    11-03-2010

    Dal territorio Documento dell’assemblea del 18 febbraio 2010 dei ricercatori di Scienze MFN dell’Università di Torino.
    Sin dalla loro istituzione nel 1980, ai Ricercatori Universitari è affidato il compito di dedicarsi al lavoro di ricerca all’interno degli Atenei: si tratta di un lavoro poco visibile, difficile ed impegnativo in termini di energie e di tempo, ma svolto con entusiasmo, passione e dedizione.

    Con la medesima passione i Ricercatori Universitari pongono rimedio alle carenze di personale docente tenendo corsi a titolo gratuito, sobbarcandosi su base volontaria una cospicua fetta dell’attività didattica e dei compiti organizzativi connessi. In moltissimi casi svolgono di fatto le stesse mansioni dei professori, senza godere delle stesse prerogative.

    Da anni i Ricercatori Universitari chiedono che venga riconosciuto il ruolo essenziale che essi svolgono all’interno degli Atenei, ma gli ultimi provvedimenti sull’Università sono di segno opposto. Invece di affrontare i molti problemi che realmente affliggono l’Università italiana, le leggi 133/08 e 1/09 portano gli Atenei sull’orlo della bancarotta e, attraverso la riduzione del turnover, strozzano ulteriormente le già scarse prospettive di carriera dei ricercatori, estromettendoli altresì dalle commissioni di concorso. Inoltre, a differenza dei professori, vengono resi soggetti al pensionamento forzoso dopo 40 anni di contributi (anche volontari).

    Ultimo arrivato, il DdL “Gelmini” intende sancire il crescente sottofinanziamento degli Atenei rispetto ai livelli europei e consegnare pressoché tutti i poteri decisionali a soggetti esterni, legittimati a disporre del patrimonio e del personale degli Atenei senza nemmeno assumersene la responsabilità economica.

    Il suddetto DdL manda inoltre ad esaurimento il ruolo del Ricercatore Universitario ed introduce al suo posto il Ricercatore a tempo determinato: un contratto di 3+3 anni che si aggiunge all’attuale moltitudine di assegni, borse e contratti ed estende così la durata del precariato pre-ruolo fino a 10 anni dopo il conseguimento del dottorato di ricerca.

    Per di più, non è richiesto (come avviene con la vera tenure track) l’obbligo di prevedere un numero di posizioni di professore di ruolo proporzionato al numero di ricercatori precari. Alla scadenza del contratto il ricercatore a tempo determinato potrebbe quindi trovarsi senza un concorso cui partecipare ed essere obbligato a reinventarsi una professione fuori dall’Università, a circa 40 anni di età!

    Se il concorso da professore ci fosse, si prospetta per vincerlo una “guerra tra poveri” tra Ricercatori Universitari e Ricercatori precari.
    Dato che questi ultimi, in caso di sconfitta, verrebbero estromessi definitivamente dagli Atenei, è facile immaginare che la necessità di dare infine ai precari un posto di ruolo comporterà per gli attuali Ricercatori il sacrificio della loro residue speranze di progressione di carriera.

    In aggiunta, nel DdL sono delegati al Governo l’eliminazione della ricostruzione di carriera, il ridisegnamento delle curve stipendiali e la ridefinizione degli obblighi didattici del personale: temi chiave che verranno decisi per decreto e sottratti ad ogni dibattito.

    In definitiva, la mole di lavoro extra svolta finora dai ricercatori per garantire un’offerta formativa universitaria di alto livello non è stata premiata. Al contrario, si prospetta un rapido e progressivo deterioramento degli Atenei, il confinamento dei ricercatori in un ruolo ad esaurimento senza speranza di vedere un giorno premiate le loro capacità ed il loro impegno, un cambiamento in peggio delle condizioni lavorative vigenti al momento della loro assunzione.

    Per questi motivi, i ricercatori di Scienze MFN riuniti in assemblea decidono, molto a malincuore, di rinunciare a tutta l’attività didattica frontale che fino ad oggi hanno svolto con passione, su basi volontarie e per il bene dell’Ateneo e dei loro studenti, dedicandosi invece a tempo pieno al loro compito istituzionale (ovvero alla ricerca).

    Quindi, i ricercatori di Scienze MFN decidono di:

    •rinunciare a far parte delle commissioni di laurea a partire dalla sessione estiva 2009-2010;
    •rinunciare a tutta la didattica non obbligatoria per legge a partire dall’inizio dell’anno accademico 2010-2011;
    •dichiararsi indisponibili ad essere inclusi tra i “docenti necessari” secondo i requisiti di legge per l’attivazione di un corso di laurea.
    Tali indisponibilità potranno essere riconsiderate soltanto in presenza di sostanziali modifiche apportate alla normativa vigente ed al DdL “Gelmini”, che prevedano

    •il riconoscimento sostanziale del ruolo centrale e strategico della formazione e della ricerca universitaria all’interno della società e l’inversione della tendenza al taglio dei finanziamenti;
    •un governo di Ateneo competente e responsabile, che sia espressione pienamente democratica delle varie componenti dell’Ateneo stesso e ne garantisca la natura pubblica e l’indipendenza da soggetti privati;
    •percorsi di reclutamento in grado di motivare gli studiosi più capaci ad intraprendere la carriera universitaria, bloccando l’ulteriore estensione della precarietà pre-ruolo.
    Per quanto riguarda, in particolare, i ricercatori:

    •possibilità di carriera sufficienti a premiare la capacità e l’impegno sia nella ricerca, sia nella didattica, garantendo altresì il ricambio generazionale dei docenti;
    •la partecipazione piena agli organi di governo dell’Università, con un peso commisurato al contributo che i ricercatori stessi danno alla didattica e alla ricerca;
    •equiparazione con i professori in materia di pre-pensionamento.
    I ricercatori auspicano infine l’apertura di un ampio dibattito che veda la partecipazione attiva di tutte le componenti delle Università, per evidenziare tutti i problemi che affliggono il sistema universitario attuale ed elaborare proposte finalizzate al loro superamento.

    Roma, 11 marzo 2010

  3. stampante ha detto:

    Repubblica/Firenze: L´università dimezza i dottorati
    “Inaccettabile tagliare la ricerca”
    09-03-2010 LAURA MONTANARI

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    «Tagliare i dottorati significa recidere le radici della ricerca». E´ diretto Stefano Mancuso, ordinario alla facoltà di Agraria. Come il preside di Medicina, Gianfranco Gensini che sintetizza il problema in una frase: «E´ inaccettabile». L´università di Firenze è costretta a dimezzare i dottorati di ricerca per il prossimo anno. Se dal ministero non verranno aggiunte risorse, si passerà da 170 a 80 borse di dottorato triennali, poi ci saranno quelle finanziate dai privati, ma vista la crisi, anche le fondazioni bancarie non largheggeranno. Le conseguenze di tutto questo sono porte che si chiudono per studenti che non si potranno addestrare alla ricerca, è l´aria che si respira in questo tempo.
    Il dottorato è la terza fascia della formazione, viene dopo la laurea triennale e dopo la specialistica: in genere chi si iscrive a quei corsi impara a fare ricerca per restare negli atenei o per cercare lavoro e andare nei laboratori privati. «Cercheremo di far pesare il meno possibile questi tagli» promette il filosofo Andrea Cantini, delegato del rettore Alberto Tesi per questo settore. La buona volontà è spesso utile, ma nel caso insufficiente a tamponare un´emergenza che si farà sentire pure nei prossimi anni quando il testimone della ricerca dovrà passare da una generazione all´altra. «Stiamo pensando a una riforma dei dottorati e a dare un peso maggiore alla valutazione per collocare al meglio le risorse che saranno minori rispetto al passato» spiega Cantini.
    «I dottorati sono un meccanismo propulsivo dell´accademia – ribatte Gensini – non possiamo permetterci di ridurli drasticamente perché ne va dalla qualità dell´università, quindi bisogna cercare finanziamenti esterni». Come fosse facile in un momento del genere, con la crisi che morde tutti i portafogli e con le banche meno generose ad elargire. Il futuro dei dottorati sarà negli accorpamenti: «Oggi a Storia per esempio – spiega Concetta Bianca, della facoltà di Lettere – ne abbiamo di tre tipi: antica, medievale e moderna. Due borse di studio per ciascun indirizzo, ma se dobbiamo dimezzarle significa con tutta probabilità fare un solo dottorato generico in storia». Il rischio è di perdere specificità e competenze come spiega Stefano Mancuso, l´unico ricercatore italiano chiamato a fare una relazione al Tad, il più prestigioso istituto che organizza conferenze scientifiche di altissimo livello: «Il dottorato è il primo gradino della futura docenza accademica, svuotare questo serbatoio significa rendere più povera l´università di domani e fermare la ricerca, è una grossa responsabilità quella che ci stiamo assumendo, sembra parte di un disegno per mettere alle corde le università. I tagli ai dottorati, i tagli al fondo di finanziamento, il vincolo del tetto del 90 per cento sulle spese per il personale…». Secondo Ivano Bertini, responsabile del centro di eccellenza del Cerm (Centro di risonanza magnetica) il vero problema resta quello più generale dei finanziamenti alla ricerca: «Come possiamo reclutare giovani se poi non abbiamo soldi per comprare le apparecchiature dei laboratori? Io al Cerm non ho il problema della riduzione dei dottorati perché i finanziamenti li ricevo da Bruxelles…». Chi risentirà maggiormente di questa ristrettezza sarà l´area umanistica che non ha molti richiami per l´industria o per mecenati privati.

  4. ugo ha detto:

    scusate, sono confuso: ma questo è un blog di ricercatori precari o strutturati? Perché leggo solo post di notizia sulle proteste dei ricercatori strutturati, boh…

    • insorgere ha detto:

      questo è un blog che si spaccia per essere la voce dei precari e in realtà è gestito da strutturati. che strano eh…

      • miriam ha detto:

        Innanzitutto si protesta contro il ddl, che sarà un massacro sia sulle carriere che per l’istituzione. Si devasta il sistema della ricerca e dell’istruzione pubblica in Italia al solo scopo di risparmiare soldi da utilizzare un po’ per sanare i bilanci, un po’ per mettere incentivi all’acquisto di decoder televisivi.

        Comunque, insorgere, se leggi ciò che dicono quelli della cgil (alla quale io non sono iscritta), la proposta è: mantenere le tre fasce. Che mi sembra l’unica proposta seria e sensata uscita finora da qualsiasi parte.

        • insorgere ha detto:

          non sono d’accordo sulle tre fasce, ma poco importa. la posizione della cgil ha il pregio di essere chiara. non mi pare lo stesso quella dei ric ti che protestano.

          quanto al ddl, invece di protestare contro sarebbe più utile provare a modificarlo.

      • ario ha detto:

        questo è un blog gestito da precari e dirigenti sindacali (strutturati e non, ricercatori, docenti e tecnici amministrativi…). Altre battutinesaranno censurate 😦

    • l.senatore ha detto:

      evidentemente i post precedenti non li hai letti (pare che a Pisa come a Torino ci siano dei precari… e alle riunioni a napoli dei ricercatori TI ci sono anche precari…

      del resto, in queste settimane mentre (forse) tu e qualche altro provate a “emendare il disegno di legge” (cosa che con questo governo fa un pochino ridere…) questi qui si muovono. E insieme a questi qui ci sono anche i precari della flc… altri precari in giro, al momento, non se ne vedono!

      • insorgere ha detto:

        ho letto e non ho trovato proposte concrete. attendo chiarimenti.

        quanto alla situazione pisana, la conosco benissimo e qui grandi movimenti proprio non ci sono.

        • parteno_peo ha detto:

          a napoli le proposte dei ricercatori sono:

          a. no ai tagli
          b. no ddl gelmini
          quindi

          1. conservare la figura del r.u. come primo gradino di ingresso
          2. tetto massimo obbligatorio all’attività didattica dei ricercatori prestata su base volontaria (1 o 2 moduli annui
          3. reclutamento straordinario di ricercatori universitari
          4. turn over al 100% su fondi disponibili non sul personale

          basta? se togli i tagli e fai il 2 e il 3 garantisci tanto i precari quanto una discreta quota di concorsi II fascia. Nessuna più guerra tra i poveri

        • insorgere ha detto:

          GRAZIE PARTENOPEO, sei il primo che mi risponde in modo chiaro ed evitando polemiche.

          personalmente concordo su molti punti. l’APRI (di cui sono socio e vicepresidente) – condivide i punti a, 2,3,4. Non siamo invece convinti che sia utile una opposizione frontale al ddl e nemmeno che la figura del RU meriti di essere mantenuta così com’è.

          cionondimeno riconosco che si tratta di posizioni non solo legittime, ma anche sensate e non semplicemente corporative.

          mi chiedo, sinceramente, se lo stesso vogliono anche i ricercatori di torino.

  5. insorgere ha detto:

    Come molti precari mi chiedo, con sospetto, come mai proprio ora i ricercatori che per tanti anni hanno taciuto e servito il sistema, facendo tra l’altro didattica gratis, si sono destati dal loro torpore? Come mai manifestano e protestano, a Napoli come a Torino, riempiendosi la bocca di belle parole in difesa dei precari e della ricerca in generale?
    Io sarò malfidato, ma vorrei chiarezza. Diffido di coloro che usano il motto “lotta alla precarietà” per ottenere spazio mediatico e sistemare i loro affarucci. Se i ricercatori vogliono fare la loro bella battaglia corporativa, la facciano pure, ma senza fingere di preoccuparsi per i precari.

    Che cosa vogliono, vermente, costoro? Di cosa hanno paura?

    Se protestano perché pensano di avere, come categoria, un diritto all’avanzamento di carriera per me possono andare tutti all’inferno. (Perché non esiste un diritto a far carriera, esistono riconoscimenti e premi per il valore individuale. In un sistema accademico moderno non possono esistere riconoscimenti collettivi.)

    Se protestano perché hanno paura che i precari abbiano più chance di loro di diventare associati col nuovo sistema, per me possono andare all’inferno. (Perché se con gli anni di anzianità e il culo al caldo non sono stati in gradi di produrre quanto basta per battere i precari, beh allora non meritano nulla.)

    Se protestano perché vogliono passare tutti associati senza concorso, possono andare all’inferno. (Ché le ope legis sono la rovina del sistema)

    Se protestano perché questo governo è brutto e cattivo e taglia i soldi alla ricerca, beh potevano svegliarsi l’anno scorso.

    Se vi fossero altri motivi per giustificare la protesta, ebbene che ce li spieghino con chiarezza. E per favore fate proposte precise, non solo retorica sulla crisi di un’istituzione che è in crisi da trent’anni. Diteci chiaramente cosa chiedete, in termini di ruoli, di soldi, di distribuzione di spazi e risorse.

    • l.senatore ha detto:

      Le stesse domande ponile ai “precari”, alla stragrande maggioranza che non fa nulla. Se ne frega e che aspetta il posticino in silenzio che il barone di turno vorrà dargli.

      Perché pensi che i ricercatori siano tutti sulle posizioni di Merafina? che non ci sia gente stufa di fare quello che non gli compete? o che vorrebbe concorsi e un reclutamento serio? o magari opportunità di carriera non aleatorie o basate sulla volontà di altri? O che hanno a cure l’università pubblica?

      Magari persone che c’erano anche l’anno scorso, a bloccare le lezioni, a fare le lezioni in piazza e nelle assemblee e quello prima?! (si può dire lo stesso di te?).

    • Sancio ha detto:

      Ma dai…. quelli bravi sono solo loro! tutti gli altri sono cattivi, doppiogiochisti, menefreghisti. Gli altri non hanno mai fatto nulla! Gli UNICI baluardi del merito eccoli!

      Poi, certo, non è che in giro li si veda tanto. Anzi non li si vede per niente! Perché gli studenti no, sono stupidi e ingnoranti, con loro no che non si va. Gli amministrativi sono tutti ladri e fannulloni e Brunetta ci ha ragione. Ordinari e associati tutti baroni, vil razza dannata. I ricercatori, tutti ope legis che vogliono l’op legis. I partiti non ne parliamo, dei sindacati neppure…. e gli altri precari? movimentisti irriducibili e comunisti oppure strumentalizzati.

      Bravi bravi, andate. Andate pure…

      • insorgere ha detto:

        noto che – polemiche a parte – nessuno mi ha risposto.
        ribadisco: ESATTAMENTE cosa vogliono i ricercatori TI?

        • insorgere ha detto:

          registro che ancora NESSUNO è stato in grado di rispondermi. non avete le capacità per articolare la vostra posizione in modo chiaro? oppure avete paura dell’effetto che farebbe dire chiaramente per cosa protestate?

  6. Thomas Muntzer ha detto:

    ben venga la lotta! scendiamo tutti in piazza! blocchiamo la didattica! questo è l’anno della rivoluzione! dove non è riuscita la pantera, non sono riuscite le proteste contro la riforma berlinguer, sono falliti i tentativi di blocco della riforma moratti…sicuramente riusciremo noi, nuovi protestanti!

    W la riforma protestante!
    Omnia sunt communia!

    ok, mò torno a finire i lucidi per la lezione di domani che un pò di senso di responsabilità verso gli studenti almeno a me è rimasto.

    • mebi ha detto:

      no, non è l’anno della rivoluzione. E’ l’ultimo anno di università pubblica in italia.

      Grazie anche a quelli come te…

  7. forza_toro ha detto:

    Caro Collega Ricercatore,

    il disegno di legge ‘Gelmini’ per l’Università (in fase di discussione al Senato) prevede alcune norme molto discutibili sull’organizzazione generale degli atenei. I ricercatori, insieme ai precari, saranno particolarmente penalizzati: nell’eventualità che la legge venga approvata così com’è la figura del ricercatore a tempo indeterminato andrà ad esaurimento, e verrà sostituita dal ricercatore a tempo determinato (3+3 anni).

    Dopo i sei anni, per rimanere all’interno dell’Università il ricercatore a TD avrà come unica possibilità quella di diventare professore associato.

    I futuri concorsi per associato saranno molto pochi (per i tagli al turnover e ai finanziamenti delle leggi 133/08 e 1/09). Quindi, non solo molti ricercatori a TD si troveranno senza un lavoro alla scadenza del contratto, ma l’esigenza di assumerne il maggior numero possibile andrà a discapito delle prospettive di carriera degli attuali ricercatori a TI.

    Oltre a ciò, nel DdL ci sono molti punti oscuri. E’ prevista l’eliminazione della ricostruzione di carriera, il ridisegnamento delle progressioni stipendiali e la ridefinizione degli obblighi didattici: temi che saranno delegati interamente al Governo, e quindi di fatto sottratti al dibattito.

    Si sono già intraprese alcune azioni di protesta: a Cagliari e a Napoli i ricercatori hanno già rinunciato ai carichi didattici dell’anno in corso e/o dell’anno prossimo.

    A Torino, i ricercatori della Facoltà di Scienze riuniti in assemblea il 18 febbraio hanno deciso per protesta di non partecipare alle commissioni di laurea estive e di rinunciare sin d’ora ai carichi didattici per l’A.A. 2010-2011, affermando che tale indisponibilità potrà essere revocata solo se il Governo intraprenderà passi significativi verso il superamento dei succitati problemi.

    In seguito a questa assemblea, il Consiglio di Facoltà di Scienze MFN ha votato una mozione (all’unanimità, con due astenuti) che esprime la sua solidarietà alla protesta e invita il Rettore a farsi portavoce del disagio e delle preoccupazioni dei suoi membri.

    Entro il 15 marzo i ricercatori della facoltà di Scienze consegneranno in presidenza le rinunce ai carichi didattici per l’anno prossimo.

    Per informare tutti i ricercatori dell’Ateneo sull’iniziativa in corso e discutere le modalità di estensione anche alle altre Facoltà, vi invitiamo a partecipare ad una

    ASSEMBLEA

    Lunedì 8 marzo alle 14:15 nel cortile del Rettorato, via Verdi 8
    (in concomitanza con la riunione del Senato Accademico)

    L’assemblea è aperta anche ai non ricercatori.

    Coordinamento dei ricercatori UniTo

  8. fremere ha detto:

    Ci vorrebbe l’unità di tutti quelli che hanno a cuore l’università in Italia. Non di quella che c’è, che fa schifo. Ma di quella che potrebbe essere se ognuno facesse la sua parte. Bel blog, fatelo durare. Ma fatevi anche sentire!

  9. Sarkko ha detto:

    Complimenti per il coraggio ai ric. di Torino! Mi auguro che, oltre ai sindacati, anche i partiti politici di opposizione e pure della ex AN si facciano sentire e finalmente pongano un argine a questo silenzioso progredire del disegno di distruzione dell’università pubblica. Siamo ormai ad un punto di non ritorno, se non è già troppo tardi (speriamo di no).

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