a 180′ dalla fine…

A 180’ dalla fine del campionato, è giunto il momento di fare il punto della situazione. Se l’inter si avvia a vincere lo scudetto – e ci dispiace per il pupone che è quanto di meglio la pubblicità televisiva abbia prodotto negli ultimi anni – il sistema italiano dell’Univeristà è ormai stabilmente in zona retrocessione.

Prosegue, infatti, il lavoro in commissione Senato con l’approvazione o il rigetto degli emendamenti al Disegno di Legge Gelmini. Sul sito del CNU è possibile scaricare una versione del ddl “emendata”   sulla base del lavoro in commissione (anche se conviene far riferimento al link del Senato per gli aggiornamenti ufficiali). Siamo giunti all’art. 8. con la seduta del 5 maggio. Per fare una valutazione del lavoro fin qui fatto ci vorrebbe più tempo, ci sono limature sulla questione della governance – forse l’intervento più significativo è la modifica di quanto previsto per i membri esterni designati che deve essere “non inferiore a 3” (oppure 2 per gli Atenei più piccoli). Ci sono poi modifiche sostanziali allo stato giuridico. Insomma, avremo modo di commentare e analizzare più approfonditamente. Certamente l’impianto complessivo del ddl non ne viene modificato sostanzialmente.

La seconda questione è quella dei finanziamenti. Ancora, ad oggi, nessuna certezza sul FFO di quest’anno. Gli Atenei hanno approvato i propri bilanci di previsione senza alcun dato ufficiale relativo agli stanziamenti ministeriali di quest’anno. E avete forse letto della interrogazione parlamentare a firma Ghizzoni sul finanziamento al sistema Università per il prossimo anno: al deputato del Pd che segnala preoccupato una riduzione di oltre due punti e mezzo al FFO, l’onorevole Vito risponde che no, i tagli sono stati ridotti, e che la riduzione rispetto al 2009 è pari al 3,72 %. I segnali di sofferenza negli Atenei crescono, basti vedere quanto avviene a Pisa e Siena, la gestione provvisoria di bilancio di Atenei come La Sapienza e Federico II, il nuovo Prin.

Già il nuovo Prin, Credo non sia sfuggito a nessuno che quest’anno al Prin è possibile accedere senza “co-finanziamento”. Meglio, mettendo a co-finanziamento unicamente le quote stipendiali del personale strutturato o a tempo determinato. Cosa che in altri momenti avrebbe avuto un senso positivo, dando la possibilità anche ai gruppi di ricerca “più poveri” di accedere ai finanziamenti. E’ evidente invece in questo contesto il segnale: il Ministero sa bene che gli atenei non hanno più soldi da mettere a cofinanziamento. Loro lo sanno bene che il sistema è ormai sotto finanziato, ma non lo dicono. Fingono di ignorarlo.

Infine, il movimento dei ricercatori. Un movimento che cresce e si struttura. Certamente diviso, come divisi sono i ricercatori universitari strutturati, per età, per modo di intendere il lavoro di ricerca e il peso della didattica, per prospettive. Ma è un movimento che c’è e noi per quello che possiamo giochiamo un ruolo “pesante” nel far valere un approccio non corporativo ai temi dell’Università e l’attenzione alle tematiche del precariato. Se nelle assemblee nazionali che si sono fin qui svolte si è disinnescato il rischio dello scontro tra ricercatori in esaurimento e precari è merito anche – e forse soprattutto – nostro. E diciamocelo. Questa rete che cresce pian piano è una struttura importante.

Nel frattempo, è confermata la Settimana di mobilitazione dal 17 al 22 maggio:

  • Martedì 18 maggio Assemblee di Ateneo con occupazione simbolica dei Retto/ratti
  • Mercoledì 19 maggio Manifestazione nazionale davanti al Parlamento

E le iniziative in corso e da venire le segnaleremo tutte.

Quanto alle nostre cose, la Flc con l’ultimo Congresso ha deciso di dare vita ad un Coordinamento Nazionale dei Lavoratori Precari Flc Cgil, il coordinamento costituisce un nuovo organo statutario. La prima riunione nazionale è pervista per il 15 maggio e quindi il 14 nel pomeriggio si riunisce il nostro coordinamento. Il coordinamento che nasce accomuna la scuola, l’università, la ricerca, la formazione professionale, l’Alta formazione artistica e musicale. Bene direte voi, e noi che cosa c’entriamo con i precari della scuola o della formazione professionale, a parte il fatto di essere in molti casi precari un po’ qui e un po’ lì?. In effetti questo coordinamento avrà articolazioni per settore. Quindi la nostra rete non si tocca. Del resto settore deve poter interviene in autonomia sulle questioni specifiche che riguardano i diversi sistemi. E tuttavia un coordinamento “generale” dei precari, oltre a rafforzare la questione precariato nel confronto interno e all’esterno del nostro sindacato, ci permetterà di leggere l’intero sistema italiano della conoscenza dal punto di vista del lavoro precario. E ci permetterà di affrontare altri temi che ci accomunano tutti: il welfare, le tutele e i servizi per i lavoratori precari, la rappresentanza dentro e fuori il sindacato, le politiche che le Regioni e gli Enti Locali possono e debbono mettere in campo (noi in sindacalese la chiamiamo “contrattazione territoriale”). Insomma, una splendida sfida. Da oggi abbiamo un nuovo strumento, usiamolo bene.   

Vi segnalo, infine, gli interventi di Domenico Pantaleo – Gianna Fracassi Ilaria Lani al Congresso nazionale della Cgil di Rimini. Oltre alla relazione introduttiva di Guglielmo Epifani (che potere scaricare qui). Ad ogni modo sul sito del Congresso trovate l’audio per il PodCast di tutti i lavori e di ogni singolo intervento ma anche le riprese video. Avremo modo di confrontarci anche su questo Congresso e sul percorso lungo e tortuoso che ci ha portato – anche noi – a essere soggetti attivi dentro questo percorso. Ma alla fine, almeno noi, più uniti di prima nonostante le differenze che ci hanno arricchito!

11 Responses to a 180′ dalla fine…

  1. Giordano Bruno ha detto:

    Grande Oldie

  2. miriam ha detto:

    I pensionamenti per gli ultrasessantacinquenni sono la base di ogni battaglia di modernizzazione, miglioramento e ringiovanimnnto dell’università italiana, oltre che la base della lotta contro la precarietà. Siamo tutti per l’età pensionabile a 65 anni, che non è una punizione, ma un’opportunità concessa anche alle persone coinvolte, che potranno finalmente mettersi in gioco, confrontarsi con le proprie eventuali capacità e male che vada trascorrere del tempo con i nipotini nell’agio di un assegno pensionistico dorato.

    • ario ha detto:

      L’abbassamento dell’età pensionabile è sacrosanto, ma deve essere una iniziativa che entra in un quadro di interventi più complessivo.

      Altrimenti è una cosa estemporanea che di vale come abbassamento dell’età media solo in funzione del fatto che abbatti drasticamente il numero dei docenti.

      Non dimentichiamo che in due anni andranno comunque in pensione circa 12’000 tra ricercatori e professori universitari.
      Il dramma è l’assenza di turn-over, e mortale è – se confermato – il blocco del turn-over previsto dalla prossima finanziaria.

      Ed allora, chiedere l’abbassamento dell’età pensionabile ma sempre insieme all’idea che il budget che si libera deve andare al 100% reclutamento.

      • bartlindon ha detto:

        Mah… per chiedere pensionamento a 65 anni e (era sottointeso, ma giusto, diciamolo ad alta voce) conversione dei fondi liberati per il reclutamento, non vedo come possa e debba inquadrarsi in una riforma complessiva.
        Questa, come altre a cui si puo’ pensare, sono iniziative NECESSARIE per risolvere il problema del TRANSITORIO.
        Quindi, anzi, ben vengano che NON siano inquadrate in un sistema di interventi complessivo!!

        Che poi, e qui la critica ad Ario il politico, dire che l’iniziativa va inquadrata in un quadro piu’ complessivo vuol dire, in particolare in Italia, a non farle, a rinviarla sine-die; una classica frase da politico consumato per dire, si’ si’ e’ importante ma…

        Prepensionamento E’ una misura di EMERGENZA! altroche’ quadro complessivo!!!

      • bartlindon ha detto:

        E scusate ancora, e’ qui riemerge il mio pregiudizio polemico nei confronti del sindacato-per-i-precari, in che quadro complessivo si inserivano le azioni di reclutamento stile ope-legis, oppure, per rimanere nel presente e realizzato, le misure di assunzione che il sindacato ha portato avanti nelle PA, per aver giusto avuto qualche contratto? Mi spiegate il quadro complessivo di queste iniziative?

  3. bartlindon ha detto:

    A cosa serve tutto questo se, come sembra, per la crisi greca il governo si appresta a bloccare completamente il turn-over per 2 anni per tutte le Amministrazioni pubbliche,senza eccezione per Università e ricerca?

    Via i vecchi improduttivi dalle universita’. Pensione a 65 anni, per tutti, ORA!!

    • vittorio ha detto:

      A cosa serve tutto questo cosa?

      Quanto ai pensionamenti. Bene, e poi? li mandi in pensione, ma se poi non li puoi sostituire a che serve? a vendicarti e toglierti una soddisfazione? o a far aumentare i contratti di docenza gratuiti o a dargli la pensione + un bel contratto di docenza (pagato ovvio)? Intanto a 65 anni ci mandi in pensione solo i ricercatori, che i professori restano comunque almeno fino a 70.

      E poi essere vecchi non significa essere improduttivi come essere giovani non significa essere produttivi. Lasciamo stare questa retorica essenzialmente razzista e sbullonata. Che si debba ringiovanire è necessario, ma è necessario farlo assumendo e non solo pensionando altrimenti non ringiovanisci nulla e ammazzi il sistema.

      • bartlindon ha detto:

        Non è retorica razzista e sbullonata: sono i fatti.
        Negli Stati uniti, dove non c’e’ limite di età per i professori, e prosegue solo chi attrae fondi e pubblica, solo il 4% del corpo docente è ultra-65.
        In italia il 22%. Questo indirettamente dimostra che l’82% del corpo docente ultra-65 italiano non è produttivo.
        Quindi pensionandoli tutti fai meno male che tenendoteli fino a 70 anni.

        Si continui pure a proteggere chi già il lavoro ce l’ha con i suoi scatti di anzianità, oneri accessori e via dicendo… e guai a chi li tocca.

        Che poi mandarli a casa serva a poco vediamolo.
        So che è improbabile se non impossibile, nella melma del conservatorismo trasversale che ci circonda.

        Per questo mi chiedo a cosa serve tutto questo.
        Bene le manifestazioni, bene il sit-in al parlamento, bene chiedere più finanziamenti.
        Ma tutto è inutile se poi chi è dentro è tutelato in tutto e chi sta fuori paga i loro privilegi. E in questo vedo già la contraddizione del neo-coordinamento.
        Ci vogliono scelte forti, segnali di cambiamento, e non “le tutele e i servizi per i lavoratori precari, la rappresentanza dentro e fuori il sindacato” o le contrattazioni territoriali che non fanno altro che istituzionalizzare il precariato, nè più nè meno come si propone di fare il DDL.

        • ario ha detto:

          proprio non riesco a capire perchè un coordinamento di precari istituzionalizza il precariato. Come se il sistema del lavoro lo facessimo noi.

          E neppure capisco perché riflettere di welfare e di politiche territoriali (magari legate ai servizi all’infanzia, ai contributi per la formazione o quello che diamine vuoi) istituzionalizzano il precariato.

          Il precariato c’è, e finché uno non viene assunto da qualche parte deve avere diritti e tutele di qualche tipo. Ne vogliamo parlare? o facciamo finta che non sia così? aspettiamo la rivoluzione o la meritokrazia?

          Sinceramente, la tua mi sembra una presa di posizione preconcetta e pretestuosa.

        • bartlindon ha detto:

          La mia posizione e’ sicuramente preconcetta nei riguardi del sindacato. Quindi la tua accusa ha fondamento.

          Questo pero’ non risolve il problema posto, di istituzionalizzazione del precariato, ne’ la tua risposta appare soddisfacente.

          Di fatto il coordinamento aggiunge il precariato alle altre categorie di lavoratori, come fossero, appunto, delle normali categorie di lavoratori, da includere nella base sindacale.

          Non e’ cosi’ ne’ deve essere cosi’. Si devono attuare azioni per cancellare il precariato, non per dargli piu’ diritti.

          La tua risposta non fa altro che confermare i dubbi espressi; e i miei pregiudizi sono piu’ forti di prima.

  4. cun_cun ha detto:

    Oggetto: Mozione su criteri di distribuzione FFO 2010.
    IL CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE

    del 24 marzo 2010

    1. Il CUN richiama ancora una volta (come fatto nei pareri ai Decreti FFO 2007, 2008 e 2009) la necessità di una rapida distribuzione del Fondo annuale agli atenei, che anche quest’anno avviene ad anno accademico largamente iniziato. Sembra sistematicamente sfuggire l’idea che il tempo è una risorsa anche economica e che dunque ogni ritardo nella distribuzione costituisce uno spreco ed una penalizzazione del Sistema. Va urgentemente dissipata la coltre di incertezza che, come ricostruito nella mozione dell’11.2.2010, grava sui Fondi 2010 relativamente all’ammontare complessivo effettivamente disponibile, alla tipologia dei fondi, alla loro disponibilità e modalità di utilizzo. Come soluzione di medio periodo, il CUN ribadisce con forza la necessità che venga adottata, come già sperimentato per il sistema socio-sanitario italiano, la formula di un FFO stabile su 5 anni con incremento annuale almeno del 2%, al fine di offrire spazi di continuità e di rigore a politiche di razionalizzazione e riqualificazione dell’intero Sistema. Soluzioni una tantum non danno stabilità al Sistema e il taglio finanziario per il 2011 è tale da inficiare pesantemente le stesse politiche impostate in questa legislatura.

    2. Con riferimento al FFO 2010, posto che con la possibile assegnazione di 400 milioni provenienti dal cosiddetto “scudo fiscale” l’ammontare a disposizione sarebbe di 6 mld e 616 mil euro (con un decremento del 4% rispetto ai 6 mld e 894 mil euro del 2009), il CUN propone che la percentuale di cui all’art. 2 della Legge n.1/2009 sia fissata, anche per quest’anno, al 7%. Riguardo allo schema del Decreto, propone che sia incorporata nella distribuzione la razionalizzazione della spesa per i Consorzi – in base ai risultati dell’analisi suggerita nel parere CUN 2007 e condotta dalla Commissione costituita con Decreto Direttoriale n. 97 del 30.9.2009 – e chiede che i prelievi dal FFO degli stanziamenti previsti dagli accordi di programma sottoscritti dal MIUR con singoli atenei siano ammortizzati nel medio periodo. A questo proposito il CUN chiede di poter avere a disposizione un elenco degli accordi firmati negli ultimi due anni, da integrare con ogni nuovo accordo successivo.

    3. Con riferimento ai criteri per la distribuzione del Fondo di cui all’art. 2 della Legge n.1/2009, il CUN nel parere del 25 giugno 2009 aveva proposto di “avviare un’approfondita discussione sulla consistenza e qualità degli indicatori integrandoli in un unico modello a valenza pluriennale capace di dare effettiva rappresentazione all’articolazione del sistema degli atenei in Italia (specialistici, generalisti, tematici, ecc.)”. Preso atto che ciò non è al momento ancora avvenuto, riprende quanto indicato nella mozione dell’11.2.2010 e conferma la ricerca del “massimo di stabilità e continuità fatte salve le migliorie da apportare a tutti o ad alcuni degli indicatori”. In tale prospettiva, ritiene di confermare la proposta di ripartizione “2/3 a ricerca e 1/3 a didattica” (con la rimozione del terzo fattore relativo alle sedi periferiche), anche tenendo conto che molti conferimenti recenti da parte di enti esterni – Regioni, Province, Comuni, Fondazioni, ecc. – sono prevalentemente, anche se non esclusivamente, motivati da aspetti legati all’offerta formativa e ai rapporti culturali e sociali tra atenei e territorio. Inoltre sugli indicatori della Ricerca propone di tarare i pesi percentuali fra VTR 2001-03, PRIN (calcolando la media dei progetti valutati positivamente nel periodo 2005-08) e VII Programma Quadro a: 35%, 35% e 30% (per quest’ultimo come già proposto nel 25 giugno 2009). Tale soluzione viene proposta in attesa della disponibilità dei risultati del VQR 2004-08 attesa l’obsolescenza dei dati VTR 2001-03 attualmente disponibili.
    Per gli indicatori della Didattica, ferma restando la necessità di una trasparenza sulle modalità di effettiva implementazione dei criteri e l’inopportunità di adottarne ulteriori in fase applicativa:
    – rileva la necessità di risolvere le incongruenze insite nei descrittori A1 e A2 (si veda nota);
    – segnala la necessità di sottrarre nell’indice A2 gli studenti ai quali in sede di verifica delle conoscenze richieste per l’accesso siano stati attribuiti obblighi formativi aggiuntivi nonché gli studenti che sulla base di quanto disposto dai Regolamenti Didattici di Ateneo risultino non impegnati a tempo pieno;
    – propone di sostituire l’indice A3 con l’indice “numero laureati su numero docenti” normalizzato per classi di numerosità e pesato sulla durata normale degli studi, che appare più sintetico ed efficace;
    – segnala la necessità di affinare l’indice A4 relativo al parere degli studenti sulla didattica.

    4. Il CUN, inoltre, raccomanda di evitare nel 2010 le inesattezze di comunicazione mediatica che hanno provocato significativi danni di immagine al Sistema Universitario nel 2009 e suggerisce una comunicazione che avverta delle difficoltà di tenuta del Sistema, specie se comparata su base internazionale, a fronte dei tagli finanziari e ne mostri le molteplici e positive capacità di adattamento e innovazione.

    Il CUN, infine, richiama la necessità di disporre del calcolo del rapporto AF/FFO – “netto” e “scontato” – a livello dei singoli atenei al 31.12.2009, nonché della simulazione per il 2010 del verosimile impatto su tale rapporto delle dinamiche finanziarie in corso.

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